E’ finalmente giunto il tanto sperato traguardo. Venerdì 21 ho sostenuto e passato l’eame che mi dà la qualifica di Yachtmaster Offshore. Si tratta più di un inizio,che di un vero e proprio traguardo, dal momento che di esperienza da fare ne ho davvero molta.
Non posso credere quanto sia stato duro il percorso, quanti dubbi, insicurezze e questioni abbia sollevato dentro di me. A posteriori ovviamente non è stato niente di così arduo, ma che fatica starci in mezzo, attraversare le paure e le ansie.
L’esame si è svolto nella baia di Gibilterra, con un vento che andava sempre più crescendo con l’avvicinarsi della notte. Io e Joe abbiamo svolto gli esercizi richiesti (esercizi di vela principalmente, dato il forte vento). Tutto si è svolto in rilassatezza e questo ha tranquillizzato l’esaminatore. Dopo una cena a base di tagliatelle con zucchine e gamberetti siamo passati alla fase delle domande teoriche e dei quiz, fatti con il sorriso sulle labbra anche quando le domande erano impossibili (Dave, l’esaminatore lo faceva apposta per poi spiegarci cose nuove).
Appena prima che il vento salisse oltre i 30 nodi abbiamo terminato il tutto, felici e contenti.
In quell’articolo abbiamo operato una sistesi e posto alcune riflessioni sulle difficoltà che gli intervistati della ricerca sull’apprendimento ci hanno raccontato, muovendoci in uno spazio allo stesso tempo nuovo e familiare, cercando confronti teorici che ci illuminassero la via.
In un momento un pò delicato della mia formazione, del mio apprendere, mi trovo ora a rispondere a quelle stesse domande che avevo posto a professionisti impegnati in prima persona in un percorso lungo e difficile. In quel caso si trattava dei percorsi della Scuola di Ariele, mentre io oggi sto confrontandomi con dei corsi professionalizzanti di vela. Nonostante le differenze fra i casi trovo vissuti ed emozioni simili. Anche in un apprendimento tecnico come questo, la componente giocata dalla parte emotiva è notevole.
Sto attraversando momenti che giudico difficili. Mi sento ingarbugliato, a tratti stanco. Avrei bisogno di una pausa ma non me la posso permettere, l’esame finale è troppo vicino e sono pervaso da una certa ansia di finire in fretta, dovuta a ragioni economiche e dal desiderio di entrare nel mondo professionale della vela. Servirebbe un tempo di rielaborazione, anche a “mente spenta”, ma sento che non me lo posso permettere. Mi succede anche di essere stanco di parlare inglese. Ormai sono in grado di comprendere e discutere praticamente ogni argomento, e lo sto facendo da più di un mese. Ma a volte mi costa fatica e sento nostalgia di persone che parlano la mia lingua madre.
L’apprendere può sgnificare il più delle volte muoversi da una zona di comfort, del conosciuto e posseduto, verso una scomoda, faticosa zona di confine. Significa spostare il proprio limite, quindi esplorare, affrontare parti ostili di sè e dell’ambiente.
Senza pretese di completezza faccio un elenco di alcuni punti-chiave di queste difficoltà:
Zona di comfort: abbandono delle comodità e dei ciò che riesce facile, difficoltà del rimanere sotto stress, fatica psicofisica dell’apprendere in quanto lavoro
Gap: distanza tra ciò che si è e ciò che si vuole essere con tutte le distorsioni del caso, onnipotenza e ferite narcisistiche/senso di inadeguatezza, paura della valutazione.
Pensare di avere capito: ricadute ed errori, ricerca di scorciatoie e false credenze per paura di sbagliare e di non avere il tempo e le esperienze necessarie a creare automatismi
Velocità/Pressione: influenza di deadlines, steps, tabelle di marcia, aspettative personali e degli altri.
Le prime 135 miglia sono state dure come mi aspettavo: dopo quattro mesi di terra ho un pò sofferto i continui movimenti della barca sul mare, ho mangiato pochissimo e quel poco l’ho vomitato. Mi sono reso conto ancora una volta che stare in mare non è uno scherzo, chiedendomi se davvero ho voglia di fare questa vita così dura, che necessita attenzione costante, disciplina e responsabilità, ma soprattutto capacità di prendere decisioni in breve tempo. Non si tratta di un lavoro tranquillo. D’altra parte devo registrare che quando stringo il timone, le vele sono ben regolate e la barca solca le onde sento un’eccitazione quasi erotica che mi percorre.
DAY 2: Pantelleria
A Pantelleria mi sono ritrovato nuovamente di fronte all’Italia, sensazione ambivalente di amore e odio. Qui due mebri dell’equipaggio hanno abbandonato la barca. Simon e Diego si sono sentiti molto male nel corso della prima tappa e sotto suggerimento/ordine dello skipper hanno deciso di tornare a casa via terra. Questo evento ha rimesso in moto i dubbi sorti in navigazione e una certa nostalgia per casa, famiglia e amici. Ho poi visto quanto sarà duro colmare il mio gap di conoscenze richieste dagli standard RYA, ma questo ha anche cancellato la spocchia di credere di sapere, che non mi servirà a nulla nel corso del mio training.
DAY 3: Pantelleria – Zembretta, 62nm
Nel corso della navigazione per Cagliari ci siamo visti costretti a riparare all’isola di Zembretta, praticamente uno scoglio nel Golfo di Tunisi per sfuggire a una bufera in arrivo. Durante la notte il forte vento da sud rischiava di spingerci contro gli scogli e abbiamo dovuto spostarci all’isola di Zembra, lì accanto.
DAY 4: Zembra – Cagliari, 160nm
David, skipper e proprietario di Seawolf si è svegliato preda di una forte dissenteria. Io, Barry e Bruce ci siamo quindi trovati al comando e alla conduzione della barca per queste 160 miglia. Per fortuna il vento e le buone condizioni del mare ci hanno agevolato e abbiamo raggiunto Cagliari in 23h. I delfini mi hanno tenuto compagnia durante la notte. Era la prima volta che li incontravo nel corso di una navigazione notturna ed è stata una compagnia piacevole: ci hanno seguito saltando qua e là per più di mezzora.
DAY 5: Cagliari
Un giorno di stop per rifornimento, riposo e per permettere a David di recuperare. Da segnalare la cena a base di pesce, nella trattoria tipica Lillicu, ottima e affollatissima nel centro storico di Cagliari. Il nostro skipper si è svegliato pieno di energia il giorno seguente e, consultate le previsioni dei giorni successivi, ha ordinato una partenza immediata per evitare di rimanere bloccati in Sardegna a causa dei forti venti contrari e del maltempo in arrivo.
DAY 6: Cagliari-Menorca, 250nm
Con David completamente ripreso abbiamo affrontato la tappa più lunga del viaggio, percorrendo le 250 miglia che separano Minorca da Cagliari in 36h. Il primo tratto è stato tranquillissimo: su un mare assolutamente piatto (le stelle si specchiavano sulla superficie!), la propulsione del motore spingeva Seawolf e l’autopilota manteneva la rotta. Domenica sono arrivati i temporali e il vento contrario a risvegliarci dal torpore e a metterci in agitazione. L’ultimo tratto ero al timone , con 20 / 25 nodi di vento a favore che spingeva la barca a 8 nodi su un’onda lunga che ci colpiva sulle mura di dritta fino all’entrata del canale di Mahòn. Ho un pò sofferto il comportamento capriccioso sull’onda della Pronavia 38, barca rapidissima e aggressiva in regata ma che in quel frangente sembrava una saponetta impazzita. Ho rimpianto la solidità del Bicho sull’onda, ma devo ammettere con soddisfazione che me la sono cavata bene. A Minorca attenderemo condizioni meteo favorevoli per riprendere la navigazione in direzione di Gibilterra.
Nel lavoro che svolgevo fino a qualche tempo fa mi veniva spesso chiesto (a volte ero io stesso a desiderarlo) di trovare nuovi strumenti per favorire l’apprendimento delle persone all’interno delle aziende. E’ più di qualche decina d’anni che la psicologia e altre discipline si interrogano sui meccanismi di apprendimento. La società poi, spinta dall’idea di progresso è in cerca di metodologie, dispositivi, tecniche, magie in grado di rendere l’apprendimento, più veloce, più profondo, più economico.
Nel corso dell’ultimo anno, quando cioè ho deciso di fare un’esperienza temporanea in Venezuela, mi sono trovato a fronteggiare davvero un mondo nuovo e ho dovuto apprendere modi per districarmi in quella nuova realtà. Dalla lingua spagnola al funzionamento di un motore diesel, dal kitesurfing alla programmazione degli acquisti di un charter, dai balli caraibici a slamare un pesce dai denti aguzzi, tutto era per me nuovo e mi sono visto costretto ad affrontare nuovi problemi e a sviluppare la capacità per ottenere dei risultati più o meno soddisfacenti (pessimi per quanto riguarda le danze caraibiche). Tutto questo percorso l’ho affrontato da autodidatta, senza cioè nessuno che mi abbia inserito in un percorso strutturato per accelerare o supportare i miei apprendimenti, cercando di carpire da chi mi stava intorno, osservando, leggendo, provando.
Tutto questo dilettantismo ha reso più lunghi e meno efficaci i vari tipi di apprendimenti che mi serviva sviluppare, ma ha anche demolito in me l’idea che per alcuni compiti non si è portati. E mi fa sorgere una domanda: è meglio assecondare le proprie qualità, i propri punti di forza o si possono imparare anche cose per cui “non si è portati”? Nel caso di un ragazzo che si trovi a decidere della propria educazione, mettiamo caso la scelta della scuola superiore o dell’università, questa domanda non è per nulla banale.
Tra meno di una settimana comincerò un percorso strutturato per conseguire un titolo professionale di capitano di yacht a vela fino a 200 tonnellate. Dopo l’esperienza sul Bicho a Los Roques ho capito che la barca e il mare sono ambienti che mi fanno sentire bene e di cui sento la mancanza. Non mi sono mai ritenuto particolarmente portato per questo tipo di vita, perchè le capacità manuali (manutenzione e riparazione in primis) sono un must della professione e io mi trovo ancora allo stadio zero. Però ho deciso che per quanto difficile potrà essere voglio provarci.
Mi troverò di fronte a un percorso impegnativo, fatto di prove di abilità e conoscenze teoriche da dimostrare nel corso di un esame per ottenere il brevetto. Ho deciso questa volta di affidarmi a delle scuole e per questo a breve lascerò l’Italia alla volta di Gibilterra, questa volta per andare a imparare un mestiere nuovo.
Scriverò un diario, cartaceo e speriamo anche digitale, in cui cercherò di tenere le fila di quasi due mesi di scuola. Ironicamente è uno di quegli strumenti che proponevo a volte nelle aule per tenere traccia del percorso e per incoraggiare la riflessione sulle esperienze. E’ uno strumento che in definitiva già uso, sempre in maniera spontanea e poco strutturata come questo blog, ma ora è legato ad un obiettivo specifico.
Anche questa è una delle possibilità che mi da l’isola.