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La barca maledetta diventa relitto a Los Roques

La barca maledetta diventa relitto a Los Roques

Mentre ero tranquillamente (!?) al lavoro a Los Roques, qualche miglio più a est si verificava uno dei purtroppo frequenti attacchi di pirateria in acque Venezuelane.

“Spirit of Cologne II”, battente bandiera tedesca, è’stata attaccata il 3 aprile 2010, un miglio al largo della costa nord del Venezuela, lungo la penisola di Paria. A bordo si trovavano una coppia di cittadini tedeschi. Durante l’attacco il marito è stato ucciso, e dopo che gli assalitori se n’erano andati la moglie, rimasta sulla barca, ha provato a navigare in direzione nord, per quattro giorni. Dal momento che le apparecchiature per le comunicazioni erano state rubate dai pirati non poteva contattare nessuno. Disperata ha deciso di abbandonare la barca sulla zattera di emergenza. Dopo circa dieci giorni alla deriva è stata tratta in salvo dalla nave mercantile San Fernando che l’ha trasportata alla stazione della Guardia Costiera di Curacao dove ha ricevuto i primi soccorsi e ha incontrato il console tedesco sull’isola. Lo yacht è stato trovato su una scogliera a Los Roques, Venezuela, dalla Guardia Costiera del paese.

Da poco tempo avevo lasciato l’arcipelago per dirigermi con la barca a Curaçao, per il periodo di manutenzione. Al mio ritorno a Los Roques ho scoperto che la barca, una volta rimosso il cadavere è stata fatta affondare a 18m di profondità in località el morrito (isla de Gran Roque) da un gruppo di subacquei locali per creare un nuovo sito di immersione.

Le coste del Venezuela, e in particolare la parte est, verso Trinidad e Tobago, rappresentano oggi una reale minaccia per i diportisti e per le imbarcazioni in genere. Anche Puerto La Cruz, uno delle più attrezzate Marine del Venezuela è a rischio criminalità. Con buona probabilità i pirati sono pescatori senza scrupoli, lo fanno supporre il tipo di imbarcazioni usate e la generale improvvisazione degli attacchi, che rendono gli incontri piuttosto pericolosi. La zona di Los Roques e Las Aves è per fortuna una zona sicura, per la presenza di una base militare vicina (La Orchila) e per la lontananza da punti di rifugio.

Il Venezuela rimane una meta bellissima, eccezionale in barca a vela per il numero di isole coralline spettacolari e per la tranquillità del suo mare, al di fuori del corso di azione degli uragani. Per chi intendesse visitarlo comunque consiglio la lettura di questo sito inglese.

El Zàngano

El Zàngano

Numerose sono le leggende che si tramandano in Venezuela e in Sudamerica, dove la cultura popolare è ancora molto viva, soprattutto nei vilaggi più isolati. Quella del Zàngano è davvero curiosa. Riporto qui una descrizione di questo essere, secondo la tradizione dei villaggi andini della zona di Mèrida.

E’ considerato un essere maligno con poteri magici, che gli permettono di trasformarsi in una figura semi-mitica o semi-umana. E’ la controparte maschile della Bruja (che svolge più o meno le stesse funzioni ma che attacca gli individui di sesso maschile). Si dice abiti nei pozzi d’acqua e che attacchi le donne assumendo le sembianze di diversi animali.  Fa parte della famiglia degli Arcos (deì della creazione e della distruzione, capaci di provocare e guarire le malattie) oppure che sia un potente Brujo, quindi un essere umano, capace di visitare l’inferno quando lo desidera. Tra le sue trasformazioni in animale si annovera il cane, il gatto e il maiale. Quando perseguita una donna e viene rifiutato è solito farle dispetti, come collocare sterco di asino nel cibo o ammazzarla a bastonate.

Esistono due tipi di Zàngano, che si differenziano nelle azioni e nei poteri, e vengono chiamati o Terrestri (Zàngano terrenal) o Diabolici (Zàngano diabòlico):

Zàngano terrenal: è un umano che conosce le arti magiche e vive nei villagi a contatto con la popolazione. Si dice possa arrivare a volare, rendersi invisibile o assumere qualsiasi forma.

Zàngano diabólico: è uno spirito maligno che attacca le sue vittime sotto forma di uomo nero o rosso e senza che  queste riescano a vedergli la faccia. Ha anche la capacità di trasformarsi in cane, gatto, scimmia, pipistrello, o maiale di colore nero, che espelle fiamme dagli occhi e dall’ano (!).

Insidia sessualmente le donne di cui si innamora, con un comportamento violento, colpendole, pizzicandole e mordendole. Durante il giorno molesta le vittime orinando loro addosso o gettandole in terra in corrispondenza di sterco di animali. I dispetti del Zàngano possono estendersi anche ad altri membri della famiglia, solitamente i figli delle vittime. Le donne attaccate dal Zàngano diabolico presentano sintomi come allucinazioni, febbre, dolori di pancia, vomito e alcune bruciature o morsi attraverso i quali lo spirito succhia il sangue della vittima fino a ucciderla.

Al di là del suo contenuto mitico, questa leggenda deve anche avere un risvolto pratico: immaginate un uomo che abbia passato la notte fuori dal villaggio e al suo rientro trovi la moglie cosparsa di succhiotti, morsi e lividi. Quale scusa migliore per la povera vittima che raccontare che ha ricevuto la visita del Zàngalo!?

Ceviche a Los Roques

Ceviche a Los Roques

Tra le delizie culinarie che si possono gustare a Los Roques merita un posto d’onore il Ceviche. Questo piatto a base di pesce marinato nel limone, da servire come aperitivo con gallette salate o come secondo piatto,  è tipico di molte zone del Sud America e del Pacifico. In questo post vi riporto come ho imparato a cucinarlo a Los Roques a bordo del veliero Bicho.

Ingredienti per 6 persone:

– 600 gr. di filetto di pesce

– 3 / 4 lime verdi a seconda delle dimensioni

– 5 peperoncini dolci o piccanti a piacimento (Aji venezuelano)

– Porro o cipolla o aglio

In Aggiunta a piacimento: olio extravergine di oliva, sale, pepe, salsa di soya.

Preparazione:

Sfilettare e togliere la pelle del pesce appena pescato (se vi trovate in barca) cercando di estrarre un filetto il più spesso possibile. Ideali per questo piatto sono il Barracuda che ha un carne molto compatta e deliziosa, il Carite (Scomberomorus maculatus) con la sua carne, bianca e il Tonno con la saporita carne rossa, ma anche molluschi come la Quigua e il Botuto (ricordo che è vietata la cattura in tutto il territorio venezuelano).

Con un coltello ben affilato tagliare sottili scaglie di carne dalla parte spessa del filetto e disporle in un vassoio piano ma con i bordi rialzati. Tritare finemente il peperoncino e l’alliaceo desiderato (Porro, cipolla, aglio). Io prediligo il Porro, ma sono molto validi anche l’aglio molto fresco e la cipolla. Disporre questo trito uniformemente sulle scaglie di carne.

A questo punto spremere il succo lime direttamente sul pesce e lasciare qualche minuto a marinare. L’effetto del succo del lime sarà quello di “cucinare” la carne fino a renderla bianca e di mitigare il sapore del condimento. La quantità di lime e il tempo di marinatura sono da scegliere in base al proprio gradimento in fatto di pesce crudo. Per gli amanti del genere sarà sufficiente una spruzzata di lime e una marinatura di una decina di minuti. Per i meno avvezzi al sapore del pesce crudo si consiglia abbondante lime e almeno trenta minuti di riposo, per lasciare che la carne si cucini.

Poco prima di servire, condire a piacimento con olio extravergine di oliva o salsa di soya. Correggere il sapore con sale e pepe.

Tempo di ritorno

Tempo di ritorno

Affronto la mia ultima settimana a Los Roques come se entrassi in una camera di decompressione. L’arcipelago si sta svuotando di turisti, anche se il veliero continua a lavorare a pieno regime, tenendomi continuamente in allerta.

A Gran Roque fervono i preparativi per la festa della Virgen del Valle, la processione che vede un fiume di barche colme di abitanti e turisti accompagnare la statua della Virgen dall’isola di Crasqui, fino a un punto roccioso di Gran Roque dove verrà deposta. E’ la festività più importante dell’isola, un mix di folklore e divertimento sfrenato amalgamati da dosi massicce di alcool. Mi spiace molto perdermi questo evento.

Purtroppo la processione si svolge il giorno della mia partenza da Los Roques. Tornerò in Italia per un mese e mezzo, in cerca di relax e per reincontrare gli affetti più cari e gli amici. Sento la necessità di una vacanza perchè, al di là degli stereotipi sul Caribe, qui il lavoro copre tutti i sette giorni della settimana. Credo che continuerò a scrivere dall’Italia, ad annotare differenze e a cercare di capire meglio cosa mi sta dando questa esperienza.

Destini #1

Destini #1

Los Roques è un posto bizzarro, ho già avuto modo di riportarlo in questo blog attraverso vari racconti.

La popolazione ne è un esempio lampante e come in ogni parte del mondo l’ambiente fisico ha ripercussioni sulla psiche degli abitanti, come ha avuto modo di sostenere tempo fa Kurt Lewin. Questo vale sicuramente per la popolazione autoctona, che un tempo si occupava principalmente di pesca e che oggi, con l’avvento del turismo ha variato la tipologia delle proprie mansioni. Nonostante Los Roques sia Parco Nazionale dal 1972 e il turismo di massa abbia iniziato a prendere piede verso la fine degli anni ’80, la popolazione degli isolani rimane un enclave ben separata da chi viene da fuori per lavoro, con tutta una serie di evidenze genetiche dovute a incroci più o meno incestuosi. Solo chi ha la residenza nel Parco, quasi esclusivamente le poche famiglie originarie dell’arcipelago, può costruire o possedere una casa qui.

Il destino di chi viene a lavorare a Los Roques è quindi abbastanza precario. Sono molti i Venezuelani che lasciano famiglie e amici in terra ferma per venire a lavorare in questo paradiso. Effettivamente a Los Roques si guadagnano stipendi che sono un miraggio in altre parti del Venezuela e questo attira molte persone, giovani e meno giovani, a lavorare nel grande baraccone del turismo.  Anche il costo della vita è piuttosto elevato, per ragioni che difficilmente possono rientrare in una logica di libero mercato… e questo costringe a operazioni di risparmio piuttosto massicce, per quanto la tendenza generalè è mossa più da istinti estetici e goderecci e inebria i sensi con quello che offre l’isola…

Quindi molti, compresi vari imprenditori prevalentemente di nazionalità italiana, soggiornano nell’isola per lavoro trovandosi di fronte alle difficoltà più banali, soprattutto per la reperibilità delle merci e per la difficoltà nel trovare alloggi. Difficilmente chi vive qui lo fa con i suoi cari, famiglia, amici, amanti e io rientro in questa categoria di profugo affettivo. Rimane ancora un mistero cosa spinga le persone a stare qui, al di là dei motivi meramente economici e difficilmente le persone che interrogo riescono a formulare delle spiegazioni coerenti… spesso si chiama in causa un’entità che fino ad oggi avevo relegato nelle ultime posizioni sulla scala dell’importanza… un’entità che si chiama destino e sulla quale, avendole negato fino ad oggi lo statuto di esistenza, non so quasi nulla, ma della quale inizio a intravedere le logiche e i disegni.

Los Loches

Los Loches

L’esistenzialismo vissuto è molto più divertente di quello pensato, questa è la criptica sentenza odierna.

Questo luogo in cui mi sono trovato catapultato è ancora indecifrabile ai miei sensi, mi riesce difficile inquadrarlo in una definizione, in un’immagine, in un pensiero. E’ folle, talmente bello che devi prenderlo a piccoli assaggi, devi trincerarti dietro armature d’acciao come quella del ghiacciolo, dietro un ruolo, un atteggiamento.

Quando cammini a piedi scalzi sulla sabbia delle vie di questo borgo caraibico e sei incazzato o pensieroso o felice per un evento inatteso ti fermi un secondo a guardare o ad ascoltare, insomma ti fermi e capisci che il tuo problema, la tua gioia, tu sei solo una briciola infinitesimamente piccola di fronte all’estrema complessità di quello che ti circonda. Non so spiegare perchè quest’idea mi venga in un posto relativamente piccolo e poco popolato, dove non c’è apparentemente nulla di speciale.

E invece qualcosa c’è.  Sono gli scorci che ti appaiono quando giri l’angolo, è il firmamento che si trasforma in uno spettacolo quando va via la luce per l’ennesimo blackout. E’ il fatto che se anche ci sono mille modi per criticare quello che si fa qui e come lo si fa, se meglio peggio, più velocemente, più lentamente, con migliori margini di guadagnano o perdita, il risultato non cambia perchè si tratta di problemi umani del tutto relativi. L’immensità della bellezza fa cadere ogni maschera, ogni pretesa di aver ragione, ogni egoismo lasciando emergere tutto quello che non sappiamo controllare e che chiamiamo follia. Benvenuti a Los Loches!

La storia di Fermìn

La storia di Fermìn

Nell’era della navigazione satellitare e della banda larga, ogni tecnica basata sui sensi umani ci sembra imprecisa e inaffidabile. Eppure ci dimentichiamo che con i suoi 5 sensi (aggiungiamone uno non meglio specificato, l’intuito) l’uomo ha circumnavigato il globo e compiuto imprese che oggi nessuno si sognerebbe di ripetere.

Una notte il solito Fernando, nel corso di una discussione sul rapporto tra strumento e tecnica, mi raccontò un aneddoto curioso su come si naviga in mare. C’è un capitano di nome Fermìn che per lungo tempo ha prestato servizio su una barca da rifornimento che operava sulla rotta La Guaira – Los Roques.

Si racconta che la precisione e la puntualità delle sue rotte fossero ineccepibili. Con le più diverse condizioni metereologiche percorreva le 166 miglia di navigazione in 12 ore. Ma la cosa più sorprendente era il suo strumento di navigazione, una cassa colma di birra e di ghiaccio sulla quale stava seduto mentre era al timone. Seguendo punti di riferimento solo a lui noti, con una precisione invidiabile ad ogni strumento costruito dall’uomo, alla 36.ma lattina di birra che accartocciava seduto al timone varcava la bocca di Sebastopol, l’ingresso sud dell’arcipelago.

Venezuela #2

Venezuela #2

Per dare un’idea del paese del terzo mondo (con tutto il rispetto) nel quale sono capitato descriverò una piccola attività lavorativa che periodicamente mi trovo ad eseguire per fare in modo che il Veliero che gestisco possa svolgere la sua attività di charter. Si tratta banalmente dell’attività di rifornimento del carburante.

Il motore del Bicho (Beneteau Idylle 15.50)  funziona a gasolio, quello del dinghi (il gommone ausiliario) a benzina, in più per avere i fornelli della cucina funzionanti per fare da mangiare serve gas butano, come in quasi tutte le cucine esistenti. Idrocarburi utilizzati da quasi tutti i motori esistenti e che il Venezuela produce in abbondanza e distribuisce sul suolo nazionale a prezzi ridicoli.

Il trasporto di questi combustibili avviene attraverso delle imbarcazioni che circa 2 volte alla settimana giungono a Los Roques cariche delle preziose risorse, dopo aver affrontato una decina di ore di navigazione dal porto de La Guaira (località portuale di Caracas) . Queste barche, una delle quali è denominata Normandia (si vocifera si tratti di un mezzo che ha operato più di sessant’anni fa nel corso dell’omonimo sbarco), toccano terra in una zona pietrosa dell’isola, deputata ai principali servizi quali l’acqua potabile, l’energia elettrica e lo smaltimento rifiuti (inceneriti a cielo aperto..ndA).

In questo scenario post-bellico, il povero proprietario di barche da diporto (o chi per esso) è costretto a salire sul fidato dinghi, approdare in una spiaggia sporca e pietrosa, aprire il magazzino (se ne ha uno) per tirare fuori i tambores (bidoni di plastica della capacità di 200l) e farli rotolare lungo un tratturo pietroso fino al mezzo di sbarco. Qui contratterà con il capitano della barca e i suoi scagnozzi la quantità che è possibile prelevare, secondo una gerarchia nella quale ci si fa strada a suon di mance, ma dove a spuntarla è comunque la simpatia reciproca. Nonostante i possibili sotterfugi, le attese per il carburante sono piuttosto lunghe perchè la “sete” di idrocarburi affligge l’isola più di altrettanto gravi malattie. Queste attese sono dovute un pò all’indolenza tipica in ogni ruolo e occupazione in questo paese, un pò perchè la rarità dei rifornimenti provoca un’assalto di barcaioli, posadieri, ristoratori e di chi altro soffre per questa tremenda mancanza.

Le operazioni di riempimento dei bidoni si svolgono sul ponte arrugginito di queste chiatte, dove i barcaioli (me compreso) si muovono a piedi nudi, circondati da pericoli di ogni tipo. Devo dire che mi divertono queste attese perchè ho la possibilità di vedere ogni tipo di “assetato” che si affanna per procurarsi la dose necessaria, perchè sul ponte si ride e si scherza e si possono vedere all’opera i favoritismi e gli ostruzionismi del caso.

La parte meno divertente è quando i bidoni, colmi di gasolio e benzina, vengono fatti rotolare prima giù dalla chiatta, e in seguito per lo stesso tratturo pietroso dell’andata, che ovviamente presenta dei tratti di falsopiano decisamente sfavorevoli. Questo sport olimpico ha messo alla dura prova il fisico gracile (da lanciatore di coriandoli, direbbe mia sorella) che mi sono portato dal mio precedente stile di vita e dopo 3 tambores (600kg), ho avuto i pettorali in fiamme per quasi una settimana. Piano piano, con dolore e sudore sto adeguando la mia capacità fisica alle esigenze che questo lavoro richiede in questo angolo del mondo.

L’unica consolazione è che 800l di benzina, 400l di gasolio e 2 bombole di gas costano circa 70 euro, mancia inclusa.

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