Venezuela #1
Venezuela, mancanza di padre amoroso.
Questa è la lapidaria definizione che Fernando mi diede una sera, seduti nel pozzetto del Bicho, intenti a riflettere su argomenti che riguardano la vita degli uomini e delle donne in senso ampio. Confesso che la definizione, supportata da numerosi esempi che la vita quotidiana di questo paese mi mette davanti, mi colpisce e mi sembra molto azzeccata.
Qui è frequente incontrare giovani madri che tirano su i propri figli in solitudine, e spesso comn l’ausilio della nonna matera. I padri hanno figli con donne diverse, e spesso non vivono con loro, evitando di costituire un nucleo famigliare che vive insieme. Ovviamente conosco casi che disconfermano la regola, ma questa tendenza è molto evidente in tutto il Venezuela e forse in Latino America.
La figura paterna è difatto assente o lontana. Ferventi psicanalisti potrebbero elaborare puntuali riflessioni sul tema, mentre qui io mi limito a registrare il fenomeno come una caratteristica locale, quasi un costume, un tratto culturale.
Abituato come sono al modello di famiglia italiano, anch’esso oramai poco più di uno stereotipo, confesso che vedere queste cose mi spiazza. Eppure il “modello venezuelano” è reale e praticato, e non mi sembra di vedere persone disperate o infelici, o per lo meno non più di quante non se ne vedano oggi in Italia.
Da un lato, in Italia, mi sembra ci sia il culto della “sacralità della Famiglia”, un valore imposto più che praticato, quasi un dovere che rischia di soffocare lo slancio vitale della popolazione; dall’altro lato dell’oceano assisto a una procreazione irresponsabile, con una mancanza di accudimento che impedisce quella stabilità necessaria alla creazione di prosperità e ricchezza. Da una parte ho un paese d’origine, l’Italia, colmo di cultura e ricchezze ma vecchio e privo di energia; dall’altro il Venezuela, pieno di vitalità e calore ma incapace di assumere forme stabili, anche e soprattutto politicamente.
Immobilità opposta a dispersione, gli opposti inconciliabili che osservo da queste isole e da questo particolare punto di vista. C’è chi porta tutto sempre e solo al proprio Mulino (per grande o piccolo che sia ha sempre confini netti) in una sorta di solidarietà mafiosa, e chi invece non accumula e accudisce ma disperde, vivendo alla giornata, perchè in fin dei conti un mulino non ce l’ha.
Per il momento mi muovo sugli opposti, sui casi limite, sugli stereotipi che mi aiutano a dare un pò di senso a ciò che mi accade e a confrontare due esperienze di vita radicalmente differenti.